lunedì 31 ottobre 2011

ottocentosessantanove. Una nuova casa

1000grudicarta ha da questa sera una nuova casa! Come annunciato già da qualche giorno ci siamo trasferiti all'indirizzo www.1000grudicarta.it è qui dietro l'angolo: cosa aspetti a venirci a leggere?

domenica 30 ottobre 2011

Ottocentosettantanove. Viaggio nelle emozioni 2

Quindici gru. Dieci in più del dovuto di oggi.
Fare origami non è semplicemente piegare la carta. L'atto con cui da un semplice foglio prende vita, tra le pieghe simmetriche nella carta, un nuovo disegno, è una sorta di incantesimo. Il foglio si chiude su se stesso, si rimpicciolisce, crea minuscole sagome da cui scaturisce qualcosa di nuovo e che solo con l'ultima sequenza, assume la sua forma definitiva. Ma in quel piegare il foglio, sentendolo frusciare sotto le proprie dita, si compie anche un'intima curvatura verso se stessi, come se nel silenzio che inevitabilmente avviene durante la piegatura, l'ascolto verso il proprio spazio interiore trovasse anch'esso una forma in cui posarsi e restare. Oggi cercavo quello spazio, quell'isola calma. Non è facile digerire la delusione che arriva da alcune relazioni e nel caos emotivo in cui stavo di nuovo annaspando non riuscivo a orientarmi. Rabbia, risentimento o forse paura..non lo so. Nel piegare mi arrivano le immagini del corso sui Mandala di ieri sera: la seconda tappa del nostro viaggio nelle emozioni ci ha portato a esplorare la Paura. La musica degli indiani di America con tamburi incalzanti e un ritmo "di terra", pulsante, tribale, mi ha raccolta dal profondo: mi sono lasciata condurre come in un torrente, e i colori fluivano insieme a me, veloci, quasi elettrici. Nel mio mandala il verde si è mescolato con l'arancione; con il giallo e con il nero. La mia paura era una forza ancestrale, violenta, che stillava porpora da una superficie nera; era una corrente strisciata di  viola; una scossa, un lampo che squarcia la terra. Un'antica energia , come un fiume carsico, che scava dentro me e che io spesso argino per non sentire. Paura di essere abbandonata; di non essere vista, di non essere "sentita". Paura di restare orfana dei miei affetti, dei miei valori, del mio microcosmo. Voglio scendere nella mia paura e bagnarmici; voglio sentirla vibrare; respirarla; ripiegarla nelle insenature del mio corpo; dare a entrambi una forma nuova. Voglio lucidità.

venerdì 28 ottobre 2011

Centottantacinque. Ovvero: ottocentoquindici gocce

Grazie. Grazie ragazzi di terza e grazie "secondini". Per la partecipazione che sento, per aver aderito al progetto delle mille gru e per prendervi parte con umiltà, con entusiasmo, con il vostro colore. I risultati arrivano spesso senza essere sbraitati in discorsi e parole che poi si dissolvono, ma attraverso impercettibili  piccoli passi, minuscole gocce. Questa mattina, dopo aver parlato con Chiara Gribaudo della Fondazione Nuto Revelli, ho avuto la certezza che il nostro percorso può davvero arrivare lontano e dare dei frutti, sento dentro di me una grande energia e il desiderio di farne partecipi più persone possibili. Voglio che le nostre gru riempiano tutta Piazza Galimberti; voglio che migliaia di gru possano frusciare sotto i portici da Corso Gramsci a Piazza Torino; voglio che ciascuno di noi adotti una gru e la tenga nella tasca del proprio cappotto. La pace non è retorica. La pace è questo entusiasmo, è il colore che vedo intorno a me, è la generosità con cui ci diamo ai nostri sentimenti e alle persone che ci sono vicine; è una piccola idea che fiorisce e si espande in una pioggia di fuochi d'artificio. Centottantacinque gru di carta.
Stamattina Gabriele predilige l'arancione e sceglie la carta leggermente crespata, di un bel color zucca con decorazioni bianche e verdine; si siede al suo posto e piega gru precise al millimetro, senza nuppure l'ombra di una piega fuori posto. Qualcuno domanda se mai riusciremo a piegarne davvero mille. Ovviamente sì!! Certo che ce la faremo. E' una certezza ormai granitica, una specie di assioma matematico: in fondo ce ne mancano solo ottocentoquindici... Piccoli passi, minuscole gocce. Con un unico, magico, condimento: fiducia.

giovedì 27 ottobre 2011

Novecentodue. Democrazia delle patatine

Alla fine sono le piccole cose a illuminare una giornata. E penso immediatamente alla deliziosa colazione di questa mattina, seduta nell'accogliente salottino del Bar Bramardi di Piazza Galimberti. Non sono solo le poltroncine foderate di stoffa rossa e dorata; non è solo il mio cappuccino fumante e soprattutto quella meravigliosa brioche alla nutella. E' che con me, in quel momento, ci sono Viola e Silvia. Fuori il freddo delle otto meno dieci e tutta Cuneo che si srotola sotto i portici, nell'aria grigia di questo giovedì di fine ottobre; dentro noi tre intorno al tavolino, e le chiacchiere che sciolgono il sonno che ci siamo portate da casa. Tra mezz'ora si timbra e si parte, io salirò le scale con il registro in mano e la borsa di stoffa piena di quaderni; ma ora questo momento di colazione si dilata in uno spazio che va al  di là dei minuti, e lascia posto semplicemente allo straordinario piacere di incominciare il nostro giovedì insieme.
Poi tutto va, magicamente, in questa direzione. In classe svelo ai fanciulli di aver scritto di loro su questo blog. Ho distribuito alcuni post pubblicati in questi giorni e mi sorprendo nel vederli leggere e trovare i loro nomi. Luca dice: "Ma prof ! Ha scritto proprio quello che avevo detto!" rido, perché, caro Luca, come vedi lo sto rifacendo. Dunque si parla anche di voi, ragazzi miei, siete diventati le mie muse ispiratrici. E quanto a ispirazione siete di una generosità disarmante: posso attingere come acqua da un pozzo. Mi viene in mente ad esempio, per sigillare questo post con le mie novantotto gru piegate fino ad ora, una chicca di questo tardo pomeriggio. Florin che mi dice:"Guardi prof, c'è un poliziotto (di un corso di formazione per vigili urbani, presso le Scuole Lattes, n.d.a.) che ha preso qualcosa alla macchinetta delle merendine e la macchinetta gli ha fregato i soldi..sta continuando a schiacciare il bottone.." e mentre lo dice gli viene da ridere. Replico: come vedete almeno non si è messo a tirare pugni selvaggiamente come vedo spesso fare da alcuni di voi. La verità però è che in fondo è una vera soddisfazione constatare come almeno per la macchinetta delle patatine valga un principio democratico nella distribuzione delle ingiustizie. A proposito dei piccoli piaceri della vita...

mercoledì 26 ottobre 2011

Novecentosette. Futuribile ipotesi

Nella remota Era del Neolitico, quando anch'io varcai la soglia di quelle che un tempo erano chiamate "Scuole Superiori", esisteva ancora il riconoscimento dei ruoli. In virtù di questo mirabolante principio lo sguardo un po' più accigliato da parte di un insegnante qualsivoglia era sufficiente a seccare ogni tentativo di rumorosità delle giovani menti ; per la medesima legge, la sola idea di essere convocati dal "Preside" avrebbe raggelato il sangue nelle vene anche al più belligerante degli studenti. Dopo aver assisistito impotente a una conversazione con un ragazzino convocato per questioni disciplinari al cospetto della Direzione, e che si è presentato con una spavalderia da Premio Nobel, comincio a credere che una qualche invasione aliena sia la causa dello sconvolgimento morale che vedo compiersi davanti ai miei occhi: che queste creature aliene si stiano impossessando del nostro pianeta per conquistarci poco alla volta, dopo aver inebetito le leve più giovani della nostra società? Mentre piego la mia gru numero novantatré mi giunge una visione: è la scuola di un futuro futuribile, quello che forse anche mia figlia frequenterà tra circa quindici anni. In questa scuola futuribile non esisteranno più gli insegnanti, poiché il loro ruolo, quello cioè di tenere a galla i quattro neuroni ancora sani nelle giovani meningi, sarà sostituito dalla tecnologia perfettibile e anch'essa futuribile. Grandi schermi fodereranno le quattro pareti delle aule futuribili e trasmetteranno, a intervalli di cinquanta minuti più una pausa di quindici, decine di reality-show di qualunque foggia e formato, che dispenseranno inimmaginabili lezioni di etica e di competenze relazionali. E i professori? qualcuno si domanderà. I tapini vivranno probabilmente esuli in qualche area protetta, nelle loro gabbiette con pile di libri di carta, qualche lavagnetta di ardesia e registri da compilare. Ma forse il nostro futuro futuribile ci riserva anche sorprese più incoraggianti. E' ciò che vorrei raccontare al più presto, magari alle cinque gru di domani sera.

domenica 23 ottobre 2011

Novecentoventuno gru rosse

Alla fine ho spento. Poi ho capito che quella nausea da bolo galleggiante nello stomaco arrivava proprio da lì, da quell'ennesimo scempio televisivo. E ancora inutilmente mi domando per quale oscura ragione seduti in quello studio televisivo, con tanto di mega schermo e filmati, insieme a  esperti opinionisti e musichette ad hoc, non ci fossero i rappresentanti di qualche "indignato". Mi domando ancora perché non siano stati interpellati loro, proprio gli indignati, che sembrano - nella cronaca di questi giorni - essersi dissolti come pulviscolo al vento dopo la scenografica e ben più "telegenica" comparsata di mentecatti incappucciati. Perché non sono stati invitati dunque, negli innumerevoli salotti televisivi, magari per interrogarli sul perché si trovassero a Roma il 15 ottobre, probabilmente dopo aver viaggiato di notte per otto ore filate o anche più (come hanno fatto una coppia di cari amici) per arrivare puntuali a destinazione ed essere pronti a sfilare; per chiedere loro quali valori intendessero proclamare, difendere ed esprimere con tutta l'onestà, la fiducia, la determinazione; per sapere come soprattutto debbano essersi sentiti dopo che duecento, trecento o quanti diavolo dementi si sono infilati come lombrichi nel loro corteo e, in una delirante violenza, hanno dato alle fiamme oltre a macchine e cassonetti, anche la fatica e il lavoro di centinaia di migliaia di altri cittadini. Ospiti del sedicente giornalista erano invece famigliari di alcuni degli individui arrestati per le violenze suddette, ovviamente tutti a domandarsi come fosse possibile che giovani tanto brillanti, gioviali e di buona creanza fossero stati addirittura trattenuti in carcere. Sullo sfondo, manco a dirlo, la foto del ragazzo con l'estintore, ormai divenuto una mostruosa celebrità, prossimo a comparire tra le poltrone di Porta a Porta. Mi domando infine cosa ci sto a fare io in aula; cosa ci stanno a fare le mie parole sulla dignità, sulle buone regole, sul rispetto e la lealtà. Se "il pubblico dovere di cronaca" risiede nel regalare celebrità alla brutalità e all'ignoranza, o nell'applaudire alla violenza sbraitata come un rigurgito assordante, allora è davvero ridicolo sorprendersi nel sentire un adolescente esultare all'idea di andare a "comprarsi un tirapugni". Quando "il pubblico dovere di cronaca" consiste nel rimandare a ripetizione le immagini dello schianto di una giovane vita sull'asfalto, senza neppure badare che quel corpo ribaltato e travolto da una moto è il corpo di una vita che appunto si spezza e per la quale dovrebbero esserci solo silenzio e rispetto, mi domando qual è il senso del rispetto per la vita che stiamo consegnando ai giovani.
Anche le mie gru arrossiscono dalla vergogna. Tutte quelle che mi restano da piegare. Novecentoventuno.

sabato 22 ottobre 2011

Novecentoventisei. Verde speranza

Arrivo in ritardo, affannata. Parcheggio la macchina dietro la rete del campetto e saluto Aurelio che sbuca dal laboratorio. I "terzini" sono già in aula tecnigrafi: bravi bravi, avete già anche sistemato la TV; certo quando si tratta di vedere un film l'efficienza e il tempismo si sprecano. Allora si parte, finiamo di vedere questo benedetto "Tutta la vita davanti" lasciato in sospeso da quindici giorni. Il finale piace anche a me che non lo avevo ancora visto: bella storia e bella descrizione dei personaggi. Intavoliamo un dibattito tanto per condividere le tradizionali impressioni personali: più di tutto mi preme sondare il grado di interesse suscitato da questo film e soprattutto se sono chiari i drammi che vi vengono rappresentati. Mi guardo intorno raccogliendo sguardi, parole, commenti. Poi arriva Joshua. Giudica sciocchi i problemi dei personaggi, o perlomeno critica aspramente la debolezza con cui si sono lasciati travolgere da malesseri di vario genere, fino a strippare di brutto. La conversazione, come in altri episodi, non lascia spazio al confronto. Il giudizio è implacabile, ferreo; in fondo sono anche un po' idioti  questi omuncoli del film-realtà a lasciarsi prendere così dalla vita, perché davvero basterebbe lasciare perdere tutto, partire e traferirsi in una qualche capanna nella foresta, lontani dalle impellenti restrizioni sociali eccetera eccetera. Vorrei proprio darti ragione, caro Joshua; vorrei credere anche io a una soluzione tanto ingenua da sembrare anche leggermente puerile. Ma non ci riesco. Perché nelle storie dei personaggi del film di Paolo Virzì ho ben trovato le storie di tanti uomini e di tante donne; giovani, meno giovani. Perché il malessere che accomuna molti esseri umani è un liquido trasparente che si insinua piano piano, come una formica che scava nella sabbia. Giorno dopo giorno. Non hai modo di accorgertene, e magari stai anche benino, tutto sommato, in una routine a cui ti sei assueffatto dalla mattina alla sera; giorno dopo giorno. Perché quel malessere di cui parlo non fa rumore e non ha odore; non lo senti e non lo annusi, eppure è una lenta marea che attraverso qualche oscuro meadro ti riempie, giorno dopo giorno. E non è questione di essere stupidi o idioti o. E' qualcosa che ha a che fare con la sensibilità, la soggettività di ognuno, che sono sacrosante. Ma tutti questi ragionamenti forse sono indigesti da condividere, soprattutto per chi ritiene di affrontare un problema esiliandosi everywhere purché non qui, nell'accoglienza di sé e degli altri. Allora chiudo, e piego una gru. La mia settantaquattresima. Verde speranza.

venerdì 21 ottobre 2011

Centosessantatre. Nero catartico

Siamo a centossessantatre grudicarta in poco più di due settimane. Mentre osservo i miei allievi che ripiegano carta mi sento ammirata e commossa: questa mattina in seconda ho avuto il tempo di sparpagliare i quadrati di carta sui banchi e già si sono messi al lavoro, a gruppetti; i più esperti affiancano i compagni che, per essere stati assenti nelle ultime lezioni, sono ancora incerti nelle fasi della piegatura. Penso: un po' di musica in sottofondo non ci starebbe male. Niccolò ha trovato il suo posticino per piegare origami sul davanzale; non ha resisitito alla tentazione di "personalizzare" le sue creature in modo che in qualche modo, fra le centinaia di altre, siano riconducibili a lui: scarabocchia qualcosa con un pennarello blu sul foglio grigio perla e ora, tra le pieghe dell'origami, quelle linee fanno anche graficamente una bella figura; infine si cimenta con il foglio metalizzato dorato: non ha alcuna importanza che io gli abbia timidamente scosigliato di usarlo, visto che quel tipo di carta mostrerà senza pietà qualunque piega anche sbagliata; in un certo senso la sfida si fa ancora più stuzzicante e soltanto un narciso purosangue può esserne all'altezza. E quella gru, ovviamente, riesce perfetta.
Kristian è un vero maestro, ripiega e ripiega e le gru sono impeccabili, allineate, me le mostra con orgoglio; con lui anche Cristian G. e Simone in prima fila, che finalmente ha memorizzato la sequenza e ha piegato la sua prima gru tutto da solo. Siamo quasi alla fine dell'ora quando Luca si avvicina con una gru tra le dita: "Guardi prof, una gru black-bloc". Nera come un cigno nero. Bellissima. Una specie di  catarsi che in quel preciso secondo ha geometricamente regolato nei disegni di ogni piega le violenze nauseanti di Roma. E non vola via.

1000gru a scuola: un simbolo di Pace


Dopo lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima nel 1945, che uccise oltre 75.000 persone, le malattie dovute alle radiazioni cominciarono a stroncare un numero sempre maggiore di vite. Una di queste fu quella di Sadako Sasaki, una bambina a cui venne diagnosticata la leucemia nel 1955. Aveva appena due anni all’epoca del bombardamento e sembrava rimasta miracolosamente illesa nonostante si trovasse solo a un miglio e mezzo dall’epicentro dell’esplosione.
Dieci anni dopo la guerra veniva diagnosticata la leucemia a così tanti bambini, che era divenuta nota come “la malattia della bomba atomica”.
Mentre Sadako era in ospedale, un amico le ripiegò un origami tradizionale a forma di gru. Era un regalo profondamente simbolico, perché si ritiene che la gru, uccello sacro in Giappone, viva per migliaia di anni e abbia il potere di esaudire i desideri. Si dice infatti che chiunque ripieghi mille gru di carta vedrà il proprio desiderio realizzato.
Sadako iniziò a ripiegare gru con ogni pezzo di carta che riusciva a trovare, comprese le confezioni dei suoi farmaci. Aveva già piegato 644 gru quando morì, a soli dodici anni. I suoi amici ripiegarono le gru rimanenti e in seguito formarono un’associazione, iniziando a raccogliere soldi per un monumento. Studenti da oltre 3000 scuole in Giappone e da altre nove nazioni fecero delle donazioni e tre anni dopo, nel 1958, il Monumento per la pace dei bambini fu inaugurato al Parco della Pace di Hiroshima.
Ancora oggi ogni anno il 6 agosto si celebra la giornata della Pace e persone da tutto il mondo mandano al parco migliaia di gru di carta, che vengono depositate sulla statua di Sadako: una bambina con una gru che spicca il volo dalle sue dita.


Obiettivo del progetto “Mille gru di carta”: il progetto intende offrire una modalità diversa per parlare di Pace a scuola. La riflessione sul tema avverrà infatti non solo mediante letture o ricerche, bensì attraverso un’attività anche pratica, utilizzando la tecnica dell’origami giapponese. Gli allievi coinvolti dedicheranno circa mezz’ora alla settimana per la piegatura di una gru. La piegatura dell’origami diventerà un “rituale” concreto con cui ciascuno contribuirà a completare, durante l’arco dell’anno scolastico, mille gru di carta. Tutti gli origami verranno sospesi a un’installazione lignea realizzata in laboratorio (m. 1,40 x m. 1,80 vedi disegno allegato) dagli allievi della classe II.

Il principio del nostro progetto è la semplicità, che inizia dal mezzo impiegato: umili quadratini di carta colorata; eppure proprio attraverso un’applicazione costante e discreta, si compirà il “miracolo” della solidarietà,  poiché il lavoro di ognuno avrà alla fine prodotto le mille gru di carta, in nome di Sadako e di tutti coloro che questa bambina rappresenta. Sadako non è solo il simbolo della guerra atomica e delle vittime di una guerra; è soprattutto il simbolo della speranza, della fiducia e del coraggio: i valori che, ci auguriamo, possano abitare più spesso in ognuno di noi.
In quest’ottica, per rendere partecipi altre persone, nel corso dell’anno verrà organizzata una “giornata aperta” di piegatura degli origami, che potrebbe coinvolgere gli studenti di altre scuole locali, oppure più in generale anche un pubblico adulto, magari in occasione di eventi o manifestazioni (ad esempio in concomitanza delle celebrazione del 25 aprile): in tale giornata gli ospiti e i visitatori sarebbero invitati a condividere il nostro lavoro, contribuendo alla piegatura di un origami con il “tutoraggio” degli stessi allievi delle Scuole San Carlo. Proprio questa “giornata aperta” potrebbe perciò diventare l’occasione per creare una raccolta di fondi da destinare in beneficenza a un ente per la lotta contro le leucemie infantili (o altro ente benefico da concordare). In tale senso il nostro progetto acquisirebbe anche un valore concreto di aiuto e sostegno a favore di altre persone e famiglie.

Il completamento delle mille gru di carta è previsto per il mese di maggio 2012. L’installazione lignea con le coccarde di gru colorate verrà esposta alla fine dell’anno scolastico in occasione della festa di chiusura corsi a giugno; verrà inoltre destinata ad altre esposizioni presso enti locali che desiderassero sostenere il progetto (Comune, Scuola di Pace etc).


Destinatari: allievi delle classi II e III Operatore di falegnameria (totale 29 allievi).

 
Materiali usati: per gli origami sarà usata carta per origami giapponese, nel formato 15x15, di vari colori e decorazioni. Per una parte delle gru verrà usata normale carta bianca, decorata con elementi grafici ideati dagli allievi della classe IV dell’Istituto “Velso Mucci” di Bra. Gli stessi allievi braidesi realizzeranno l’impostazione grafica di un manifesto per promuovere la nostra iniziativa.
L’installazione lignea verrà realizzata in legno di ciliegio.


Riferimenti bibliografici e letture tratte dai seguenti testi (elenco da integrare con altri testi da definire).

Bruckner, Karl, Il gran sole di Hiroshima, Giunti Junior, Milano, 2011
Formento, Franca, Quanti sono i Pedro?, Ed. L’Arciere, Dronero (CN), 2006 (N.B. previsto incontro con l’autrice a scuola, durante il mese di novembre)
Terzani, Tiziano, In Asia, Fabbri Editori, Milano, 2006
Terzani, Tiziano, Lettere contro la guerra, Longanesi, Milano, 2006
Lapierre, Dominique, Mille soli, Mondadori, Milano, 2000

1000gru a scuola

Finalmente è ufficiale. Le mille gru sono diventate un progetto concreto anche a scuola. Un progetto iniziato quasi per gioco adesso ha un nome e ci accompagnerà per le prossime trenta settimane, ogni venerdì mattina. Due classi all'opera: una vera magia, che meraviglia. E da oggi questo blog diventa il nostro oblò, una finestra socchiusa on line, a cui potremmo affacciarci per fare cucù al mondo: voglio improvvisamente che tutti sappiano, che tutti si uniscano a noi in questo viaggio colorato, che si piega e prende forma sotto le nostre dita come un origami.

sabato 15 ottobre 2011

novecentosessanta - Viaggio nelle emozioni 1

Nel piegare la mia quarantesima gru mi sento anche un po' sollevata: non solo ho portato a termine il mio compito settimanale: l'ho forse addirittura superato di qualche unità..bene bene..un buon inizio mi incoraggia. Sono ancora nel rosso fuoco; la gru rossa è allegra, leggermente chiassosa; è una risata forte, un campo di papaveri in un pomeriggio di maggio. C'era del rosso anche nel mio mandala del corso di questa sera: "viaggio nelle emozioni e conoscenza di sé". Stasera ho incontrato Madama Tristezza. L'ho sentita come un fluido turchese, che partendo dal centro del cerchio, si scioglie in volute azzurre blu scuro e verde acquatico, il colore del mare alto. La tristezza è per me stata immediatamente questa sensazione di emozione liquida che mi cola dentro, un fiume che si versa girando su se stesso come un serpente, fino al centro rosso; per poi sciogliersi nel viola e ancora nel rosso in profondità, e prima di infrangersi fa male, come un livido premuto piano.

domenica 9 ottobre 2011

Novecentonovantacinque. Le mie millegrudicarta






Oggi ho piegato le mie prime cinque gru di carta. Non c'è un motivo particolare per cui ho scelto di incominciare proprio oggi; pensavo che avrei aspettato un momento propizio, una data speciale, magari con qualche combinazione numerica interessante. Invece è soltanto un anonimo otto ottobre duemilaundici; è sabato sera, è tardi e sono stanca. E' venuta all'improvviso, come uno sbadiglio, la voglia di partire. Oggi ho piegato le mie prime cinque gru; le prime cinque di mille in tutto, che finirò esattamente tra duecento giorni. Duecento giorni è meno di un anno, perciò nel piegare i miei origami avrò visto questo autunno, il prossimo inverno e la primavera del duemiladodici. Cinque gru al giorno, a cominciare da questa sera: sarà un rito, una preghiera prima di andare a dormire. Ogni quadratino di carta sette centimetri e mezzo per sette centimetro e mezzo è un pensiero del mio giorno che è trascorso e nel piegare la carta qualcosa di questo giorno si imprimerà nelle pieghe e nel colore, nella forma del mio piccolo origami. E questa prima gru rossa fiammante è proprio per te, il mio cielo rosso, la mia piccola primula rossa. Maddalena.